E’ del 5 novembre 2012 la sentenza della Corte di Cassazione, la 18921, che stabilisce come legittimo il comportamento dei dipendenti che si rifiutano di lavorare, dopo aver timbrato il cartellino, per la presenza di amianto sul luogo di lavoro.
La sentenza riguarda il ricorso di una nota azienda italiana che aveva sospeso alcuni suoi dipendenti, non retribuendoli, dopo che questi si rifiutavano di frequentare il posto di lavoro, palesemente contaminato dal pericoloso materiale-killer.
La Corte di Cassazione non si è limitata a sancire come illegittimo il comportamento dlel’azienda, e quindi assolutamente lecito quello dei lavoratori, aggiungendo che: “la responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 cc, pur non configurando una ipotesi di responsabilità oggettiva, non è circoscritta alla violazione di regole di esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudate, ma deve ritenersi volta a sanzionare, alla luce delle garanzie costituzionali del lavoratore, l’omessa predisposizione da parte del datore di lavoro di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l’integrità psicofisica e la salute del lavoratore sul luogo di lavoro, tenuto conto della concreta realtà aziendale e della sua maggiore o minore possibilità di venire a conoscenza e di indagare sull’esistenza di fattori di rischio in un determinato momento storico; inoltre, nel caso in cui il datore di lavoro non adotti, a norma dell’art. 2087 cc, tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e le condizioni di salute del prestatore di lavoro, rendendosi così inadempiente ad un obbligo contrattuale, questi, oltre al risarcimento dei danni, ha in linea di principio il diritto di astenersi dalle specifiche prestazioni la cui esecuzione possa arrecare pregiudizio alla sua salute (cfr, Cass., n. 11664/2006)”.
(Fonte: http://www.lavoroediritti.com/)